Etichettato: efficacia
La carbidopa nella disautonomia familiare
La disautonomia familiare è una condizone caratterizzata, tra le altre manifestazioni, da attacchi di nausea e vomito iperdopaminergici. In uno studio pubblicato su Neurology (link) e condotto su 12 pazienti affetti è stata valutata l’efficacia e la tollerabilità della carbidopa, inibitore della dopa decarbossilasi presente nel Sinemet. I risultati sono stati eccellenti con riduzione della sintomatologia in assenza di importanti effetti collaterali. Il possibile meccanismo d’azione antiemetico è riconducibile alla ridotta formazione di dopamina extracerebrale.
Lancet Neurology – Marzo 2013
Tra gli articoli del numero di Marzo di Lancet Neurology :
- Intravenous immunoglobulin for treatment of mild-to-moderate Alzheimer’s disease: a phase 2, randomised, double-blind, placebo-controlled, dose-finding trial (link):L’utilizzo di immunoglobuline EV in 55 pazienti con Alzheimer sembra essere più sicuro ed efficace di quanto non evidenziato in precedenti piccoli lavori.
- The natural history of multiple system atrophy: a prospective European cohort study (link): Studio multicentrico su 151 pazienti con atrofia multisistemica.
- Hypothermia for acute ischaemic stroke (link): L’utilizzo dell’ipotermia in combinazione con la trombolisi potrebbe migliorare la prognosi dell’ictus ischemico.
- Somnambulism: clinical aspects and pathophysiological hypotheses (link): Ancora non sono ben conosciute le cause di questo potenzialmente pericoloso disturbo. Un’alterata fisiologia del sonno e fattori genetici potrebbero essere i principali responsabili del fenomeno.
- Manifestations of HIV infection in the peripheral nervous system (link): Una neuopatia sensitiva sembra essere la più frequente espressione di neuropatia periferica nell’AIDS.
Utilizzo degli antipsicotici negli anziani
Uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Psychiatry (link) ha esaminato i quattro antipsicotici atipici più utilizzati negli anziani: aripiprazolo (Abilify), Olanzapina (Zyprexa), Quetiapina (Seroquel) e Risperidone (Risperdal). I farmaci, benchè indicati per la schizofrenia e il disturbo bipolare, spesso vengono utilizzati negli anziani per i disturbi del comportamento associati alla demenza. Gli autori dell’articolo concludono che tali farmaci sono carenti sia nella sicurezza che nell’efficacia. E’, infatti, risultato che entro un anno dal trattamento, un terzo dei pazienti iscritti allo studio ha sviluppato sindrome metabolica e, nel giro di due anni, quasi un quarto dei pazienti ha sviluppato gravi effetti collaterali e poco più della metà ha sviluppato effetti avversi non gravi. Di rilievo il dato che la durata media di osservazione è stata solo di sei mesi, mentre non sono state riscontrate differenze significative di effetti collaterali tra i vari farmaci.
Resta aperto il problema del trattamento degli anziani con psicosi, spesso associata alla demenza, con tutte le ripercussioni sul caregiver. La strategia migliore sembra essere quella di un basso dosaggio per brevi periodi con controllo attento dei possibili effetti collaterali.
Medicina a Salerno
Contorta e confusa la situazione del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Molto, troppo, penalizzati gli studenti che, nei giorni scorsi, non hanno potuto utilizzare le aule messe a disposizione dall’Azienda Ospedaliera per l’attività didattica. In apparenza sembrerebbe esserci una contrapposizione tra favorevoli all’Università e non. In realtà il problema è molto più complesso e vede, al momento, vittime sacrificali, gli studenti in Medicina. Altre “vittime” corrono il rischio di passare, ancora una volta, in secondo piano: i pazienti. Quanti si rivolgono all’Ospedale per soddisfare i propri bisogni di salute. Non all’Azienda Ospedaliera o all’Università o a parti dell’una o dell’altra bensì all’Ospedale come luogo di cura e, purtroppo, allo stato unica realtà cui possono rivolgersi ventiquattrore su ventiquattro, in un contesto di feroci e continui tagli alla Sanità e di obblighi per chi vi opera di dover spendere sempre di meno.
Per tornare alla “querelle Medicina”c’è un passaggio obbligato, troppo a lungo rinviato: il decreto di istituzione della Azienda Ospedaliera Universitaria. Solo questo adempimento potrà definire i confini e le competenze, con particolare riguardo all’integrazione ospedale università e alle nomine dei direttori: generale, di dipartimento e di struttura complessa; le articolazione e il finanziamento della spesa. Non è solo questione di aule e di didattica, ma anche di biblioteca (anche i medici dipendenti studiano e spesso lo fanno con grande sacrificio, di tempo ed economico), di mensa (provasse qualcuno a pranzare in qualsiasi giorno feriale ad un orario “civile”: file interminabili e pochi posti a sedere), di parcheggio (non hanno idea in Regione di come sarebbe utile la metropolitana leggera, che sta rapidamente deteriorandosi per mancato utilizzo, e dei tempi biblici che occorrono per “non trovare” un posto libero per la propria autovettura).
Da non trascurare nemmeno che negli ultimi due anni la doverosa integrazione Ospedale Università non è stata mai regolamentata ed è stata lasciata ai singoli casi, ispirata ai principi, non sempre rispettati, di reciproca buona educazione, spesso condizionata da preesistenti buoni rapporti interpersonali. Da ospedaliero posso affermare che in maniera diffusa abbiamo dato il nostro contributo, magari modesto, ma convinto ed appassionato. L’auspicio è che altrettanto sia stato fatto da parte degli universitari, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza, soprattutto nell’emergenza, drammatica realtà catalizzatrice della maggior parte delle richieste prestazionali.
Magari con l’applicazione attenta e compartecipata del documento del Ministero della Sanità, dipartimento della Qualità, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, dei Livelli di Assistenza e dei Principi Etici di Sistema pubblicato nell’aprile 2011 (link) e dall’eloquente titolo Dipartimenti per il Governo Clinico e l’Integrazione tra Assistenza, Didattica e Ricerca con particolare riguardo alle norme emanate dal Decreto Legislativo 517/99. Interessante notare che, per quanto riguarda la regione Campania, nel documento veniva tralaltro rilevata, in relazione agli obiettivi del Direttore Generale delle allora due Aziende Universitarie, l’esistenza di un conflitto tra competenze dell‟università e competenze della regione, ravvisando un caso di “prevaricazione” sui poteri regionali. Infatti, in contrasto rispetto a quanto disposto dalla normativa nazionale, “gli obiettivi relativi all’attività assistenziale, coerenti sia con la programmazione delle attività didattico-scientifiche della facoltà di medicina e chirurgia sia con la programmazione sanitaria regionale, vengono assegnati dal Rettore al Direttore Generale” e anche “i criteri di valutazione dell‟attività del Direttore Generale sono definiti dal Rettore”. Anomalia, questa, che ci si augura non abbia a ripetersi con l’istituenda Azienda di Salerno. Purtroppo la tendenza nazionale comune a tutti i protocolli era, e tale è rimasta, ad operare rimandi continui ad ulteriori accordi regionali o locali, che “non sembrano rappresentare una determinazione ad innovare o a regolare con maggiore puntualità tematiche già trattate da fonti di rango superiore, e neanche uno strumento per garantire autonomia e discrezionalità alle aziende sanitarie negli ambiti propri”. Questa sintomatica “difficoltà a definire e modellare le disposizioni di principio statali” oggi sembra colpire la didattica, da sempre penalizza l’assistenza e non favorisce la più logica e semplice delle soluzioni: collaborare a migliorare le 5 E della sanità: efficienza, efficacia, equità eticità ed economicità.
Con buona pace di pazienti, studenti e professionisti della sanità.
Basta sacrifici. Lo sostiene il ministro.
Legittime le considerazioni di Balduzzi sui tagli alla Sanità: “è stato raggiunto il limite, ora basta con i sacrifici, nei tagli alla sanità non si puo’ andare oltre. Ho detto che non è pensabile sia Roma a decidere quali piccoli ospedali vanno chiusi. E’ necessaria una riorganizzazione della rete ospedaliera, non c’è dubbio. Le Regioni sono invitate a farlo, in particolare quelle che, proprio per la mancata razionalizzazione, sono in piano di rientro (Piemonte, Puglia, Sicilia) e quelle in commissariamento (Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria). Ma non sarebbe coerente con il riparto delle competenze tra Stato e Regioni se i tagli fossero decisi da Roma. Ne andrebbe di mezzo la serietà di una politica sanitaria. Una cosa così non puo’ essere accettata. Lo dirò in consiglio dei ministri. Mi auguro che gli argomenti siano ascoltati”. In merito ai ticket, Balduzzi sottolinea che “la manovra del luglio 2011 prevede dal primo gennaio 2014 nuovi ticket; io li considero non sostenibili. Sto cercando un meccanismo per evitarli”.
Resta da vedere quali saranno le misure per rendere la Sanità efficace, efficiente, equa, etica ed economica. Il “limone” è stato spremuto abbastanza e forse è giunta l’ora di entrare nel merito di santuari fino ad ora considerati intoccabili.
Risparmi veri e presunti
Dalla Repubblica (link): “Ridurre i piccoli ospedali farebbe risparmiare poco più della metà dei 18mila posti letto che il ministero vuole eliminare. Gli altri si recupererebbero con tagli nelle strutture più grandi. L’idea è quella di passare da 4 letti ospedalieri ogni mille abitanti a 3,7, forse 3,6, cioè comunque di più di quanto chiesto dall’Unione europea, che detta un limite di 3,3 per mille. In questo caso le riduzioni sono più “orizzontali” ma non basterà togliere uno o due letti per reparto, un’operazione che alla fine non porta ad un risparmio. È necessario intervenire, ad esempio nei grandi ospedali, accorpando reparti simili e riducendo così gli spazi di degenza ma anche il numero dei primari e dei medici. Solo in questo modo si raggiunge un risparmio. Di quanti soldi? Al ministero stimano che la partita ospedali, tra taglio letti e strutture più piccole, possa fruttare circa 250 milioni di euro, quindi non una cifra particolarmente alta. Il provvedimento però vorrebbe anche portare ad una rete di assistenza più efficiente.“
E’ proprio questa la partita importante da giocare. Rendere più efficiente la rete assistenziale. Il territorio, la rete ospedale territorio, i servizi di base devono recuperare le loro competenze. Anche qui vanno ridefiniti i ruoli, tagliati i “primariati” in eccesso e le sovrastrutture burocratizzanti che rallentano l’erogazione delle prestazioni e aumentano la spesa ed il disagio dei cittadini. Non ultimo il masssivo invecchiamento del personale medico. E’ noto da tempo che la classe “anni 50” fornisce un contributo di personale eccessivo sulla percentuale degli occupati. E’ una classe sempre più vecchia, spesso ammalata, sempre stanca e pertanto a rischio di errori. Al tempo stesso portatrice di un patrimonio di competenze ed esperienze che sarebbe sbagliato sprecare. Su questo si può e si deve lavorare.
Terapia dei sintomi non motori nel Parkinson
I disturbi non motori nella malattia di Parkinson rappresentano una serie di sintomi spesso sottostimati e trascurati. A queste manifestazioni la rivista Movement Disorder dedica un articolo (link) di aggiornamento delle EBM che vede come autori una task force di tutto rispetto (Fox, Katzenschlager, Lim, Ravina, Seppi, Coelho, Poewe, Rascol, Goetz, Sampaio). Obiettivo dichiarato l’aggiornamento dei dati pubblicati il 2002 e il 2005, con l’introduzione delle evidenze sugli interventi farmacologici e chirurgici per i sintomi non motori del Parkinson. I criteri di inclusione e di valutazione hanno seguito la struttura originaria dei precedenti lavori con rispetto alla metodologia EBM. Continua a leggere
In Italia la sanità è spaccata in due
C’è poco da stare allegri: in Italia per la Sanità in qualche caso si spende malissimo. Un dato interessante viene dai cartogrammi anticipati dal rapporto SaniRegio2 del Cerm. Il primo cartogramma rappresenta la collocazione geografica delle inefficienze di spesa a livello aggregato regionale, il secondo rappresenta la collocazione geografica dei gap di qualità nell’erogazione delle prestazioni Lea. Ne emergono due Italia differenti per quanto riguarda competitività, regole, mercati, grado di efficienza di spesa e di qualità dei sistemi sanitari delle Regioni italiane. Il gap è notevole per quanto riguarda Campania, Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio. Oneroso il lavoro per il rientro nei parametri di riferimento. Ridurre la spesa ed aumentare la qualità, questi gli obiettivi. Per la Campania si tratta, rispettivamente di oltre il 33% e di quasi il 90%. Per la Sicilia oltre il 24% e quasi il 90%. Per la Puglia di quasi il 24% e di oltre il 96%. La Calabria poco più del 15% e oltre il 132%. Il Lazio quasi il 13% e oltre il 76%. Queste cinque Regioni potrebbero liberare risorse per circa 9,4 miliardi all’anno, più del 77% delle risorse, circa lo 0,8% del PIL. Numeri da capogiro.
Lavori in corso: Sanità, riforme o manutenzione?
Nel suo intervento al Forum Sanit, tenutosi a Roma nei giorni scorsi, il ministro della Salute Ferruccio Fazio ha dichiarato che il nostro Servizio Sanitario ha bisogno di manutenzione e non di riforme. Tra l’altro ha dichiarato: ”in tre anni non avete mai sentito parlare di grande riforma della sanità. Chi ha parlato di riforme poi difficilmente e’ riuscito a realizzarle, noi abbiamo fatto manutenzione”. Sempre secondo il ministro i punti cruciali sono la continuità assistenziale e la sanità integrata senza le quali sarebbe inutile parlare di cambiare i LEA (Livelli essenziali di assistenza LEA). Infine ha proposto un intervento teso a modificare anche i Pronto Soccorso. Ai codici, bianchi, verdi o rossi va affiancata una diversificazione dei team medici ad essi dedicati con coinvolgimento dei medici di medicina generale. E’ da anni che lo penso e lo dichiaro: in una città come Salerno ci sono circa 120 medici di medicina generale. Basterebbe impegnarne tre dalle 8 alle 14 e tre dalle 14 alle 20 nei giorni feriali per alleggerire il carico degli accessi impropri. L’impegno per i medici sarebbe minimo (una volta al mese) ma i risultati notevoi: sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza delle prestazioni, sotto il profilo di una proficua continuità assistenziale e non ultimo porterebbe vantaggi agli stessi medici che avrebbero un occasione unica per confrontarsi con altri colleghi e con problematiche altrimenti appannate dall’eccessiva burocratizzazione del loro compito.
Il PD e la Sanità
Ho avuto modo di leggere il documento programmatico del PD sulla sanità. Come tutti i documenti programmatici è un bel “quaderno dei sogni”. La situazione reale è tutt’altro che rosea e le attuali decisioni sembrano andare in direzione del tutto opposta. Nel documento vengono enunciati dieci punti per “riaffermare il diritto alla salute”. Priorità assolute sono la sanità del Sud e un federalismo solidale e responsabile. E poi trasparenza e legalità, rilancio degli investimenti, verifica della qualità e alleanza con gli operatori, non autosufficienza, salute della donna e lotta al dolore.
Stralcio dal documento alcuni passaggi chiave:
- Il Pd ribadisce la necessità di mantenere il carattere universalistico, basato sulla fiscalità generale, del sistema di assistenza sanitaria, quale garanzia dell’uniformità nella quantità e qualità delle prestazioni e dei servizi sanitari in tutto il Paese.
- La situazione della sanità nelle regioni meridionali non è più accettabile. La sfida di una sanità di qualità anche in queste regioni deve diventare una “grande questione nazionale”.
- I provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, e in particolare i cosiddetti “costi standard sanitari”, devono essere profondamente modificati per evitare l’ulteriore spaccatura tra nord e sud.
- Dobbiamo imparare ad ascoltare i cittadini, utenti ma anche i veri azionisti di riferimento della sanità pubblica, a fidarci dei loro giudizi e delle loro valutazioni su come sono stati assistiti e curati.
- La non autosufficienza è una delle grandi priorità del moderno welfare e come tale deve trovare adeguate garanzie nei Livelli essenziali di assistenza sanitari e socio-assistenziali.
- Promuovere la relazione di fiducia fra medico, paziente e familiari per rispettare la volontà del paziente e non lasciarlo mai solo di fronte alla malattia.
Quindi “no” alla privatizzazione esasperata con pericolo di esclusione delle fasce deboli (e spesso più ammalate), “no” ai tagli, “no” ai piani di rientro e ai commissariamenti delle regioni meridionali (misure che nei fatti hanno fallito), “si” a costi standard adeguati ed equi, “si” ai nuovi Livelli essenziali di assistenza, “si” allo sviluppo di politiche di prevenzione sanitaria, di integrazione e razionalizzazione degli interventi socio-sanitari, “si” alla riorganizzazione della medicina di famiglia e dela rete ospedaliera, “si” al monitoraggio costente dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi.
Chi vivrà, vedrà.