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La carbidopa nella disautonomia familiare

La disautonomia familiare è una condizone caratterizzata, tra le altre manifestazioni, da attacchi di nausea e vomito iperdopaminergici. In uno studio pubblicato su Neurology (link) e condotto su 12 pazienti affetti è stata valutata l’efficacia e la tollerabilità della carbidopa, inibitore della dopa decarbossilasi presente nel Sinemet. I risultati sono stati eccellenti con riduzione della sintomatologia in assenza di importanti effetti collaterali. Il possibile meccanismo d’azione antiemetico è riconducibile alla ridotta formazione di dopamina extracerebrale.

Basta sacrifici. Lo sostiene il ministro.

Legittime le considerazioni di Balduzzi sui tagli alla Sanità: “è stato raggiunto il limite, ora basta con i sacrifici, nei tagli alla sanità non si puo’ andare oltre. Ho detto che non è pensabile sia Roma a decidere quali piccoli ospedali vanno chiusi. E’ necessaria una riorganizzazione della rete ospedaliera, non c’è dubbio. Le Regioni sono invitate a farlo, in particolare quelle che, proprio per la mancata razionalizzazione, sono in piano di rientro (Piemonte, Puglia, Sicilia) e quelle in commissariamento (Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria). Ma non sarebbe coerente con il riparto delle competenze tra Stato e Regioni se i tagli fossero decisi da Roma. Ne andrebbe di mezzo la serietà di una politica sanitaria. Una cosa così non puo’ essere accettata. Lo dirò in consiglio dei ministri. Mi auguro che gli argomenti siano ascoltati”. In merito ai ticket, Balduzzi sottolinea che “la manovra del luglio 2011 prevede dal primo gennaio 2014 nuovi ticket; io li considero non sostenibili. Sto cercando un meccanismo per evitarli”.

Resta da vedere quali saranno le misure per rendere la Sanità efficace, efficiente, equa, etica ed economica. Il “limone” è stato spremuto abbastanza e forse è giunta l’ora di entrare nel merito di santuari fino ad ora considerati intoccabili.

Risparmi veri e presunti

Dalla Repubblica (link): “Ridurre i piccoli ospedali farebbe risparmiare poco più della metà dei 18mila posti letto che il ministero vuole eliminare. Gli altri si recupererebbero con tagli nelle strutture più grandi. L’idea è quella di passare da 4 letti ospedalieri ogni mille abitanti a 3,7, forse 3,6, cioè comunque di più di quanto chiesto dall’Unione europea, che detta un limite di 3,3 per mille. In questo caso le riduzioni sono più “orizzontali” ma non basterà togliere uno o due letti per reparto, un’operazione che alla fine non porta ad un risparmio. È necessario intervenire, ad esempio nei grandi ospedali, accorpando reparti simili e riducendo così gli spazi di degenza ma anche il numero dei primari e dei medici. Solo in questo modo si raggiunge un risparmio. Di quanti soldi? Al ministero stimano che la partita ospedali, tra taglio letti e strutture più piccole, possa fruttare circa 250 milioni di euro, quindi non una cifra particolarmente alta. Il provvedimento però vorrebbe anche portare ad una rete di assistenza più efficiente.

E’ proprio questa la partita importante da giocare. Rendere più efficiente la rete assistenziale. Il territorio, la rete ospedale territorio, i servizi di base devono recuperare le loro competenze. Anche qui vanno ridefiniti i ruoli, tagliati i “primariati” in eccesso e le sovrastrutture burocratizzanti che rallentano l’erogazione delle prestazioni e aumentano la spesa ed il disagio dei cittadini. Non ultimo il masssivo invecchiamento del personale medico. E’ noto da tempo che la classe “anni 50” fornisce un contributo di personale eccessivo sulla percentuale degli occupati. E’ una classe sempre più vecchia, spesso ammalata, sempre stanca e pertanto a rischio di errori. Al tempo stesso portatrice di un patrimonio di competenze ed esperienze che sarebbe sbagliato sprecare. Su questo si può e si deve lavorare.

In Italia la sanità è spaccata in due

C’è poco da stare allegri: in Italia per la Sanità in qualche caso si spende malissimo. Un dato interessante viene dai cartogrammi anticipati dal rapporto SaniRegio2 del Cerm. Il primo cartogramma rappresenta la collocazione geografica delle inefficienze di spesa a livello aggregato regionale, il secondo rappresenta la collocazione geografica dei gap di qualità nell’erogazione delle prestazioni Lea. Ne emergono due Italia differenti per quanto riguarda competitività, regole, mercati, grado di efficienza di spesa e di qualità dei sistemi sanitari delle Regioni italiane. Il gap è notevole per quanto riguarda Campania, Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio. Oneroso il lavoro per il rientro nei parametri di riferimento. Ridurre la spesa ed aumentare la qualità, questi gli obiettivi. Per la Campania si tratta, rispettivamente di oltre il 33% e di quasi il 90%. Per la Sicilia oltre il 24% e quasi il 90%. Per la Puglia di quasi il 24% e di oltre il 96%. La Calabria poco più del 15% e oltre il 132%. Il Lazio quasi il 13% e oltre il 76%. Queste cinque Regioni potrebbero liberare risorse per circa 9,4 miliardi all’anno, più del 77% delle risorse, circa lo 0,8% del PIL. Numeri da capogiro.

Lavori in corso: Sanità, riforme o manutenzione?

Nel suo intervento al Forum Sanit, tenutosi a Roma nei giorni scorsi, il ministro della Salute Ferruccio Fazio ha dichiarato che il nostro Servizio Sanitario ha bisogno di manutenzione e non di riforme. Tra l’altro ha dichiarato: ”in tre anni non avete mai sentito parlare di grande riforma della sanità. Chi ha parlato di riforme poi difficilmente e’ riuscito a realizzarle, noi abbiamo fatto manutenzione”. Sempre secondo il ministro i punti cruciali sono la continuità assistenziale e la sanità integrata senza le quali sarebbe inutile parlare di cambiare i LEA (Livelli essenziali di assistenza LEA). Infine ha proposto un intervento teso a modificare anche i Pronto Soccorso. Ai codici, bianchi, verdi o rossi va affiancata una diversificazione dei team medici ad essi dedicati con coinvolgimento dei medici di medicina generale. E’ da anni che lo penso e lo dichiaro: in una città come Salerno ci sono circa 120 medici di medicina generale. Basterebbe impegnarne tre dalle 8 alle 14 e tre dalle 14 alle 20 nei giorni feriali per alleggerire il carico degli accessi impropri. L’impegno per i medici sarebbe minimo (una volta al mese) ma i risultati notevoi: sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza delle prestazioni, sotto il profilo di una proficua continuità assistenziale e non ultimo porterebbe vantaggi agli stessi medici che avrebbero un occasione unica per confrontarsi con altri colleghi e con problematiche altrimenti appannate dall’eccessiva burocratizzazione del loro compito.

Il PD e la Sanità

Ho avuto modo di leggere il documento programmatico del PD sulla sanità. Come tutti i documenti programmatici è un bel “quaderno dei sogni”. La situazione reale è tutt’altro che rosea e le attuali decisioni sembrano andare in direzione del tutto opposta. Nel documento vengono enunciati dieci punti per “riaffermare il diritto alla salute”. Priorità assolute sono la sanità del Sud e un federalismo solidale e responsabile. E poi trasparenza e legalità, rilancio degli investimenti, verifica della qualità e alleanza con gli operatori, non autosufficienza, salute della donna e lotta al dolore.

Stralcio dal documento alcuni passaggi chiave:

  • Il Pd ribadisce la necessità di mantenere il carattere universalistico, basato sulla fiscalità generale, del sistema di assistenza sanitaria, quale garanzia dell’uniformità nella quantità e qualità delle prestazioni e dei servizi sanitari in tutto il Paese.
  • La situazione della sanità nelle regioni meridionali non è più accettabile. La sfida di una sanità di qualità anche in queste regioni deve diventare una “grande questione nazionale”.
  • I provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, e in particolare i cosiddetti “costi standard sanitari”, devono essere profondamente modificati per evitare l’ulteriore spaccatura tra nord e sud.
  • Dobbiamo imparare ad ascoltare i cittadini, utenti ma anche i veri azionisti di riferimento della sanità pubblica, a fidarci dei loro giudizi e delle loro valutazioni su come sono stati assistiti e curati.
  • La non autosufficienza è una delle grandi priorità del moderno welfare e come tale deve trovare adeguate garanzie nei Livelli essenziali di assistenza sanitari e socio-assistenziali.
  • Promuovere la relazione di fiducia fra medico, paziente e familiari per rispettare la volontà del paziente e non lasciarlo mai solo di fronte alla malattia.

Quindi “no” alla privatizzazione esasperata con pericolo di esclusione delle fasce deboli (e spesso più ammalate), “no” ai tagli, “no” ai piani di rientro e ai commissariamenti delle regioni meridionali (misure che nei fatti hanno fallito), “si” a costi standard adeguati ed equi,  “si” ai nuovi Livelli essenziali di assistenza, “si” allo sviluppo di politiche di prevenzione sanitaria, di integrazione e razionalizzazione degli interventi socio-sanitari, “si” alla riorganizzazione della medicina di famiglia e dela rete ospedaliera, “si” al monitoraggio costente dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi.

Chi vivrà, vedrà.