Etichettato: patogenesi
L’epilessia può avere una causa immunitaria
Aumentano le evidenze a favore della genesi autoimmune di alcune forme di epilessia e di stato di male epilettico associati ad encefaliti. Lo studio pubblicato su Lancet Neurology (link) ha evidenziato alti titoli sierici e liquorali di anticorpi contro il recettore GABA A associati con una grave forma di encefalite con convulsioni e/o stato epilettico refrattario. Gli anticorpi provocano una riduzione selettiva di recettori sinaptici di GABA A. Il disturbo si verifica spesso con GABAergici e altri disturbi autoimmuni ed è potenzialmente curabile.
Movement Disorder – Giugno 2013
Pubblicati su Movement Disorder:
- Parkin disease and the Lewy body conundrum
- Ocular tremor in Parkinson’s disease: The debate is not over: disamina sul significato della presenza di tremore oculare nelle persone con parkinson.
- Neuronal vulnerability, pathogenesis, and Parkinson’s disease: esposizione dettagliata dei possibili elementi che contribuiscono alla patogenesi del Parkinson.
- Primary progressive aphasia with parkinsonism: descrizione di un caso clinico di afasia progressiva primaria e parkinson.
Parkinsonism and Related Disorder – Maggio 2013
Nel numero di Aprile di Parkinsonism & Related Disorders (Volume 19, Issue 5):
- Peripheral neuropathy in Parkinson’s disease: Levodopa exposure and implications for duodenal delivery: disamina sulle possibili manifestazioni neuropatiche nei pazienti sottoposti a terapia con duodopa. Particolare riguardo viene dato ai possibili meccanismi patogenetici ed alla sua prevenzione link.
- Diabetes is associated with postural instability and gait difficulty in Parkinson disease.: Il diabete può contribuire all’instabilità posturale e alle turbe della marcia con meccanismo differente dalla denervazione nigrostriatale(link).
- Supine-to-standing transcranial Doppler test in patients with multiple system atrophy. Il doppler in clino ed ortostatismo è un’utile indice di predittività dell’evoluzione dell’atrofia multisistemica (link).
- Nociceptive brain activation in patients with neuropathic pain related to Parkinson’s disease. La levodopa influenza la percezione del dolor neuropatico nei pazienti con Parkinson. (link).
Annals of Neurology – gennaio 2013
Su Annals of Neurology (January 2013 – Volume 73, Issue 1 -Pages A5–A11, 1–149):
- Discoveries in Neuroscience aggiornamenti scientifici nel campo delle neuroscienze.
- Stimulating the aging brain la stimolazione magnetica transcranica sembra essere valida nelle persone anziane.
- Advanced imaging to extend the therapeutic time window of acute ischemic stroke il miglioramento delle tecniche di imaging consente di selezionare in maniera più adeguata le persone da sottoporre a riperfusione.
- Cognitive impairment and cortical degeneration in neuromyelitis optica dimostrata un associazione tra aquaporina 4, neuromielite ottica e deterioramento cognitivo.
- Amyloid-beta oligomerization in Alzheimer dementia versus high-pathology controls placche ed oligomeri di beta amiloide sono fondamentali per la patogenesi dell’Alzheimer.
Movement Disorder – gennaio 2013
Pubblicati su Movement Disorder:
- Obstacles to the Development of a Neuroprotective Therapy for Parkinson’s Disease: l’articolo passa in rassegna i molteplici motivi per cui ancora non possiamo definire con certezza se un trattamento sia o meno neuroprotetico.
- Pathogenesis of Parkinson’s disease: la morte cellulare nella malattia di Parkinson è causata da una cascata di eventi patogeni multifattoriali e una terapia neuroprotettiva efficace per la malattia di Parkinson dovrebbe fare affidamento su interventi farmacologici multipli.
- Parkinson’s Disease and Alpha Synuclein: Is Parkinson’s Disease a Prion-Like Disorder?: evidenze sperimentali confermano l’ipotesi che α-sinucleina si comporta come una proteina prionica che assume un comportamento di auto propagazione della conformazione che causa la neurodegenerazione.
- Biomarkers for trials of neuroprotection in Parkinson’s disease: Mentre non vi è un unico biomarcatore in grado di soddisfare tutte le esigenze, una combinazione è probabile che sia di grande utilità per individuare i soggetti più probabilità di trarre beneficio da terapie neuroprotettive, così come nel controllo degli effetti di questi interventi.
Elevati livelli di omocisteina non correlano con l’Alzheimer
Al fine di verificare se una moderata elevazione di omocisteina plasmatica totale (tHcy) sia un potenziale fattore di rischio per la malattia di Alzheimer sono stati esaminati 326 pazienti con Alzheimer e 281 con decadimento cognitivo lieve (MCI). Il lavoro (link), pubblicato su Dementia and Geriatric Cognitive Disorders, ha correlato diverse variabili (età, danno renale, cobalamina, folati presenza di malattia vascolare ed omocisteina totale) per un periodo di cinque anni. Gli studiosi ritengono che l’aumento dell’omocisteina plasmatica totale nei pazienti con Alzheimer potrebbe essere attribuito prevalentemente a carenza di cobalamina o di folati o ad insufficienza renale. I pazienti Alzheimer più giovani (sotto i 75 anni) e i pazienti con MCI senza carenza di cobalamina o di folati o insufficienza renale hanno mostrato livelli normali di omocisteina plasmatica totale.
Lo studio afferma che elevati livelli plasmatici di omocisteina non sono rilevanti nella patogenesi dell’Alzheimer ma, piuttosto, sono un riflesso delle modificazioni plasmatiche nella malattia di Alzheimer.
Patogenesi e prevenzione della malattia di Alzheimer
Pubblicato su Alzheimer’s and Dementia un articolo (link) sulla patogenesi e prevenzione dell’Alzheimer. Ancora una volta viene enfatizzata il ruolo della proteina tau nella patogenesi della malattia. La formazione di pretangles segna l’inizio del processo patologico ed è di particolare interesse perché è temporalmente più vicino alle condizioni prevalenti che inducono il processo patologico sottostante la malattia di Alzheimer, in contrasto con la malattia in stadio avanzato. Ma, non tutti i pretangles si trasformano in grovigli neurofibrillari. Gli autori ipotizzano che lo sviluppo di lesioni tau nell’Alzheimer sia riconducibile alle differenze di maturazione, precoce o tardiva, degli oligodendrociti e alla mielinizzazione eccezionalmente prolungata delle porzioni di cervello umano che maturano più tardivamente. Le conclusioni tratte da queste considerazioni dovrebbero incoraggiare lo sviluppo di nuove strategie di prevenzione e modificanti la malattia.
Create in laboratorio cellule capaci di causare il Parkinson
La notizia è di quelle epocali per le prospettive future. Un team di ricercatori americani è riuscito a riprodurre in laboratorio le cellule alterate della forma di Parkinson da parkina, responsabile di circa la metà dei casi familiari e del 15-20% dei casi sporadici ad esordio giovanile. Allo scopo è stata utilizzata la tecnologia IPSC (Induced Pluripotent Stem Cells). Questo approccio è già stato utilizzato per generare modelli cellulari per diverse patologie neurologiche: sclerosi laterale amiotrofica, Parkinson sporadico, atrofia muscolare spinale e disautonomia familiare. Nello studio, pubblicato su Nature Communications (link) è stata ricavata una serie di linee IPSC da un paziente parkinsoniano con triplicazione del locus α-sinucleina e da un parente di primo grado sano. Gli autori sostengono l’importanza potenziale dell’utilizzo in vitro di neuroni dopaminergici umani come modello per studiare la patogenesi della malattia di Parkinson.
L’importanza fondamentale dell’articolo sta nel fatto che per la prima volta si è riusciti ad ottenere una linea cellulare pura e con le caratteristiche dei neuroni che ammalano di Parkinson. Poterli avere al di fuori del complesso contesto circuitale cerebrale dovrebbe consentire tutta una serie di osservazioni intese a comprendere non solo la patogenesi della malattia ma anche eventuali futuri trattamenti.
Marcatori plasmatici di atrofia cerebrale nell’Alzheimer
Uno dei filoni più importanti nella ricerca delle malattie neurodegenerative, Alzheimer in testa, è l’individuazione di esami di laboratorio di semplice esecuzione, specifici e sensibili nell’individuare una determinata malattia e la sua evoluzione. Allo stato si ricorre principalmente alla diagnostica per immagini che risulta essere costosa, spesso problematica per la sue esecuzione e non praticabile in maniera estesa. In questo articolo pubblicato su Plos One (link) gli autori hanno effettuato un’analisi proteomica del plasma per identificare biomarcatori associati all’atrofia cerebrale nell’Alzheimer (AD). In precedenti lavori sono state identificate sette proteine del plasma che sono significativamente associate con il volume dell’ippocampo in una coorte combinata di soggetti con AD (n = 27) e MCI (N = 17). La scoperta scoperta è stata convalidata in questo lavoro in cui è stata esaminata un’ampia coorte di AD (N = 79), MCI (N = 88) e soggetti di controllo (n = 95). Le concentrazioni plasmatiche di cinque proteine, insieme con l’età e il sesso, spiegano oltre il 35% della variabilità del volume dell’intero cervello in pazienti con AD. Queste proteine sono componenti del complemento C3 e C3a, fattore I del complemento, γ-fibrinogeno e alfa-1-microglobulina. I risultati suggeriscono che queste proteine plasmatiche sono forti predittori in vivo di patologia. Inoltre, queste proteine sono coinvolte nella attivazione del complemento e della coagulazione, fornendo ulteriori prove per un ruolo intrinseco di queste vie nella patogenesi dell’Alzheimer.
Lieviti e Alzheimer
Il lievito ha dimostrato, in un lavoro pubblicato su Science (link), di possedere caratteristiche utili allo sviluppo di beta amiloide da utilizzare in studi sperimentali sulla patogenesi dell’Alzheimer.