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Il buco della Sanità

Non si placa la polemica sull’analisi della spesa sanitaria condotta dalla FIASO e che oggi terrà, a Roma, il suo Convegno Nazionale “Il ruolo delle Aziende Sanitarie nelle Reti Cliniche in Italia”. Secondo la FIASO nel 2014 il buco per la spesa sanitaria sarà di 18 miliardi di euro. Pronta la smentita del Ministero dell’economia che calcola la spesa prevista in 112,42 miliardi e non 129,19 come indicato nello studio, lamentando inoltre errori ed imprecisioni. Altrettanto rapida la replica della Fiaso la quale precisa che la tabella riportata nel suo studio non è stata rielaborata ma è esattamente quella della Ragioneria generale dello Stato. L’equivoco evidente che si palesa nella “smentita” dell’Economia sta nel fatto che la stessa tabella della Ragioneria fa il confronto tra il fabbisogno finanziario del Ssn ante manovre e il finanziamento reale programmato a seguito dei diversi interventi correttivi operati con le varie manovre. Quindi Fiaso non ha mai parlato di un buco di 18 miliardi nella spesa 2014, come sostiene l’Economia, quanto di un differenziale, pari a quella cifra, tra fabbisogno stimato e finanziamento reale conseguente ai tagli operati dalle diverse manovre finanziarie e ciò, ribadisce Fiaso, attenendosi a quanto riportato dalla tabella della stessa Ragioneria come facilmente verificabile.
Ad ogni buon conto la federazione ha lanciato le sue proposte “tecniche” per una spending review “sostenibile e realizzabile”:

  • definire un sistema di prezzi di riferimento più congruo per beni e servizi;
  • togliere dall’elenco delle prestazioni mutuabili quelle oramai superate dai progressi della medicina;
  • sostituire il sistema iniquo dei ticket con un più equo sistema di pagamento “a franchigia” proporzionato al reddito;
  • recuperare il contributo che può venire da sociale, volontariato, sanità privata e integrativa;
  • rilanciare il processo di aziendalizzazione, riaffermando il ruolo dell’Azienda come luogo in cui si costruiscono le motivazioni per migliorare l’efficienza.

Sanità allo sfascio?

Non si sopiscono le polemiche e lo sconcerto sulle dichiarazioni di Monti circa la necessità di reperire fonti di finanziamento. Che le forme siano nuove o diverse è questione esiziale. Sta di fatto che la Sanità “pesa” per il 7,1% del PIL ma contribuisce a produrlo per il 12%; in Europa la spesa pro capite italiana è tra le più basse anche se la popolazione è la più anziana, e quindi abbisognevole di assistenza. Va da sè che “davanti ai problemi come la salute, non ci sono nè povero, nè ricco. Perchè se arriviamo a un punto con due sanità, quella di chi ha di più e quella di chi ha di meno, siamo al disastro sociale, non solo economico” (Bersani). E non si può non condividere la reazione a caldo di Antonio Di Pietro “è gravissimo che il presidente del Consiglio paventi il rischio del crollo del Sistema Sanitario Nazionale. Il governo reperisca le risorse necessarie dalla lotta all’evasione e alla corruzione e la smetta di smantellare un caposaldo della nostra Carta Costituzionale che garantisce il diritto alla salute a tutti i cittadini. La sanità pubblica non si tocca! Gli italiani onesti e le fasce sociali più deboli hanno già pagato troppo. Questo governo sta lentamente smantellando lo stato sociale, azzerando diritti acquisiti con anni di battaglie portate avanti da cittadini e lavoratori”. Anche la Cgil controbatte: “Monti vuole affamare la Sanità per poi svenderla” attaccano Cecilia Taranto, segretaria nazionale Fp-Cgil e Massimo Cozza, segretario Fp-Cgil Medici. “Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sono gravi – continuano i due esponenti del sindacato- anche se non fanno altro che confermare quanto scritto nell’Agenda del suo Governo, fatto da noi denunciato per tempo e inutilmente smentito dal Ministro Balduzzi. Il Presidente del Consiglio non può permettersi certe preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale dopo averlo ridotto all’osso. Se il Governo ha intenzione di privatizzare, come denunciamo da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo”.

Cattivi pagatori

Ancora un record negativo per la regione Campania. Siamo i peggiori pagatori in Sanità: i ritardi sono macroscopici e ci pongono ai primissimi (ultimi con ignominia) posti delle liste nere. Naturali le conseguenze: prezzi più elevati, possibili infiltrazioni di varia natura, anche criminale, cattiva qualità delle risposte ai bisogni di assistenza. Le prime due aziende peggiori pagatrici della Campania sono anche fanalino di coda in Italia quanto a tempi di pagamento delle fatture. In Campania nel 2011 i tempi medi di pagamento sono di 771 giorni contro i 299 dell’Italia.

Ecco la lista:
• Napoli 1 Centro: 1.676 Giorni
• Az. Osp. S. Sebastiano Di Caserta: 1.414
• Az. Osp. Univ. Federico Ii 1.321
Az.San.Loc. Di Salerno 1.157
• Az. San. Loc. Napoli 2 Nord 992
• Az.San.Loc. Di Caserta 937
• Az. Osp. Ii^ Uds Di Napoli 802
• Az. Osp. V. Monaldi E Cotugno 768
Az. Osp.. S.Giovanni di Dio-Ruggi d’aragona 745
• Az. Osp. Cardarelli 682
• Az. San. Loc. Napoli 3 Sud 673
• Irccs I.N.Tumori Fond. G. Pascale 519
• Asl Benevento 1 469
• Az. Osp. Santobono – Pausilipon 434
• Azienda Sanitaria Locale 349
• Az. Osp. S. Giuseppe Moscati 156
• Az. Osp. G. Rummo 106

Non ci sono soldi

Il decreto stabilità ha prodotto un altro “cadavere eccellente”. Il ministro Fazio non ha spuntato il miliardo di euro, che pure si era impegnato a cercare, per la ristrutturazione degli ospedali italiani e la costruzione di nuovi edifici. I soldi dovevano provenire dall’aumento del prezzo delle sigarette: è il caso di dire che le risorse sono andate “in fumo”

Pronto Soccorso in Pronto Soccorso

Il Fatto Quotidiano di domenica scorsa ha pubblicato un articolo (link) sulla situazione del Pronto Soccorso del San Camillo di Roma. Ecco alcuni stralci: “Nel 2005 ci sono stati tre decessi che sono saliti a 27 nel 2010 e proiettando i dati del primo trimestre del 2011 potrebbero salire a 48″. “Il pronto soccorso, vista la riduzione dei posti letto nei reparti, ha perso la sua funzione e si è trasformato in un’area di degenza”. “La permanenza per oltre 24 ore, prima evento occasionale, è ora diventata più frequente. Nel 2010 la degenza in pronto soccorso ha superato le 24 ore per 2.280 persone e, dai dati del primo trimestre del 2011, possiamo stimare che i pazienti potrebbero arrivare a 4mila. E ancora più drammatica è la previsione per i 1.240 pazienti destinati a trascorrere in barella più di 48 ore e per i 400 che supereranno le 72 ore”.
Ancora più grave la situazione economica. “Per garantire la copertura dei turni l’azienda ha dovuto ricorrere a due strumenti: i contratti atipici e le “prestazioni aggiuntive”. Il primo è chiaro e semplice: si arruola un medico disoccupato con la clausola di un contratto a tempo determinato. Poi si vedrà se rinnovarlo o meno. Il secondo è poco noto ai più: si prende un medico già in organico e gli si offre la possibilità di fare gli straordinari. La cosa paradossale è che se l’azienda assumesse un nuovo medico in ruolo, spenderebbe 37 euro per ogni ora di servizio, mentre con le prestazioni aggiuntive i costi variano dai 70 ai 500 euro l’ora. Un evidente suicidio gestionale: ad esempio la spesa di 1 milione e 260mila euro deliberata nel primo semestre del 2011 per la copertura dell’organico medico, solo nell’area dell’emergenza, avrebbe consentito l’assunzione di 40 medici con un monte ore quasi doppio”.

In assenza di dati relativi alla situazione locale non si può affermare se la situazione locale sia sovrapponibile. Per certo si ricorre ai cosiddetti “contratti atipici”, sotto forma di convenzione con gli specialisti ambulatoriali, ed anche alle “prestazioni aggiuntive” . Queste ultime oltre ad essere costose sono anche potenzialmente a rischio. Soprattutto nell’emergenza dove è necessaria un equipe performante sotto il profilo psico-fisico ci si chiede quale sia il limite di un gruppo di lavoro quando vengono sovraccaricati da turni intensi e prolungati. Trentotto ore di lavoro ordinario sono tante. Sessanta e anche settanta ore a settimana forse aumentano il reddito del singolo ma costano alle aziende, espongono a maggiori rischi il paziente e, in fin dei conti, non lasciano il tempo per poterli spendere !!!

Il deficit in Sanità

38.000.000.000. Trentotto miliardi di euro. A tanto ammonta il deficit sanitario accumulato in dieci anni. 646 euro a cittadino che diventano 2460 nel Lazio, 1991 in Molise e 1483 in Campania. Intanto i ricoveri si riducono del 17%, i posti letto dell’11%, il personale resta lo stesso e la spesa farmaceutica territoriale è nei limiti. Aumentano però la spesa per beni e servizi e per la specialistica. E a breve, in conseguenza della manovra finanziaria, mancheranno circa otto miliardi di trasferimenti per i prossimi tre anni.