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Antipsicotici e demenza: utilizzarli o interromperli?

antipsicotici e demenza

La demenza è una sindrome caratterizzata da progressivo deterioramento della memoria e delle altre abilità cognitive e da compromissione funzionale. Oltre a questi sintomi possono essere presenti anche problemi di tipo comportamentale configuranti la cosiddetta BPSD (Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia) caratterizzata da deliri, disturbi del comportamento e agitazione, che possono essere presenti anche nel 50% dei casi. La BPSD causa forte disagio nelle persone con demenza e nei loro caregivers e costituisce un grave peso per la famiglia e la società. Costituisce inoltre un fattore importante per l’ospedalizzazione o l’istituzionalizzazione dei pazienti con demenza. E’ in presenza di questi disturbi che spesso vengono utilizzati i farmaci antipsicotici, anche se la raccomandazione corrente è che dovrebbero essere impiegati solo quando gli approcci non farmacologici sono inefficaci. Continua a leggere

I disturbi del comportamento e la compromissione funzionale nelle persone con Alzheimer sono correlate

Pubblicato su Dementia and Geriatric Cognitive Disorders un articolo (link) sulla possibile correlazione tra deficit funzionale e disturbi neuropsichiatrici nelle persone con Alzheimer. Nello studio sono stati osservati 812 pazienti provenienti dallo studio Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative Study allo scopo di determinare se i sintomi neuropsichiatrici fossero correlati con la compromissione funzionale basale. Lo studio ha interessato 229 persone normali, 395 con MCI, 188 con Alzheimer. Dopo tre anni è risultato che allucinazioni, ansia e apatia sono associati ad una maggiore compromissione funzionale globale al basale, mentre la presenza di allucinazioni e apatia al basale sono associati con una maggiore compromissione funzionale globale nel corso del tempo in tutti i settori. I seguenti sintomi neuropsichiatrici non sono significativamente associati con il funzionamento globale: deliri, agitazione, depressione, euforia, disinibizione, irritabilità, comportamenti motori aberranti, sonno e l’appetito.

La gestione del paziente demente in casa di cura

I dati della letteratura evidenziano come la maggior parte dei residenti in una casa di cura sia portatore di un certo grado di demenza. Di solito la prevalenza è dal 70% al 80% dei residenti. Su Clinics in Geriatric Medicine è stato pubblicato un articolo (link) che affronta i dati salienti della cura dei pazienti con demenza. In particolare vengono trattate le problematiche relative a:

  • efficacia degli inibitori della colinesterasi e della memantina,
  • ambiente ottimale per il mantenimento della funzione in demenza di grado moderato,
  • trattamento della depressione e dell’agitazione,
  • la valutazione e la gestione dei problemi alimentari.

La “porta girevole”

Il frequente fenomeno delle riammissioni in Ospedale ha raggiunto dimensioni  davvero ragguardevoli. Anche in America i dati forniti sono quanto meno sconcertanti. Medicare ha comunicato che un terzo dei pazienti dimessi viene ricoverato di nuovo entro tre mesi dal ritorno a casa (il 20% a 30 giorni e addirittura il 5% dopo 5 giorni).
I motivi principali sembrano essere una cattiva comunicazione con i medici ed il personale assistenziale, prescrizioni poco chiare o conflittuali, mancati appuntamenti con il medico di base, errori nell’assunzione dei farmaci. Soprattutto gli anziani ultra settantenni hanno difficoltà a gestirsi e spesso il caregiver non è pronto ad affrontare le problematiche che si presentano, soprattutto cadute, infezioni e disidratazione.
Le patologie più coinvolte sono l’insufficienza cardiaca, la broncopatia cronica, le psicosi, i problemi intestinali e vari approcci chirurgici (cuore e articolazioni in primo piano).
I fattori che più frequentemente richiedono un nuovo ricovero sono la politerapia (da 6 farmaci in su), la depressione e il deficit cognitivo. La carenza di servizi assistenziali domiciliari è responsabile, negli Stati Uniti, di oltre la metà dei casi di ritorno in ospedale, soprattutto negli ultra 85enni.

La melissa è inefficace contro l’agitazione

L’agitazione nelle persone con Alzheimer è uno dei problemi di più difficile soluzione. E’ pacifico che si provano tutte le soluzioni, soprattutto quelle che per certo non danneggiano la persona. In questo studio pubblicato su Dementia and Geriatric Cognitive Disorder è stato dimostrato che il controllo dei disturbi comportamentali delle persone con Alzheimer è lo stesso sia che si usi melissa, sia che si usi placebo, sia che si utilizzi donepezil il che chiamerebbe in causa altri fattori, di tipo relazionale.